
La sindrome da burnout (o più semplicemente burnout) è l'esito patologico di un processo stressogeno che colpisce le persone che esercitano professioni d'aiuto (helping profession), qualora queste non rispondano in maniera adeguata ai carichi eccessivi di stress che il loro lavoro li porta ad assumere.
Il burnout interessa educatori, medici di base, insegnanti, poliziotti, poliziotti penitenziari, vigili del fuoco, infermieri, psicologi, psichiatri, assistenti sociali, operatori sanitari ( fisioterapisti, logopedisti psicomotricisti) ovvero figure caricate da una duplice fonte di stress: il loro stress personale e quello della persona aiutata.
Svolgendo attività lavorative sottoposte ad un carico emotivo così elevato, non riuscendo più a scindere la vita personale da quella lavorativa,si può incorrere nel burnout ,ovvero in un progressivo logoramento della propria energia vitale fino alla demotivazione, frustrazione e depressione. L'abuso di alcol, di sostanze psicoattive ed il rischio di suicidio sono aumentati nei soggetti affetti da burnout.
Le fasi di tale processo sono : 1)quella dell'entusiasmo idealistico che spinge il soggetto a scegliere un lavoro di tipo assistenziale.2)quella della stagnazione in cui il soggetto, sottoposto a carichi di lavoro e di stress eccessivi, inizia a rendersi conto di come le sue aspettative non coincidano con la realtà lavorativa.3)quella della frustrazione in cui il soggetto avverte sentimenti di inutilità e di insoddisfazione con tendenza ad allontanarsi sovente dal lavoro e ad assumere atteggiamenti aggressivi 4)quella dell'apatia in cui subentra l'indifferenza per il proprio lavoro.
Ovviamente i fattori che influiscono sulla nascita di tale processo sono le condizioni lavorative in cui il soggetto esercita la propria professione, oltre ad una predisposizione caratteriale.
In ambienti come alcuni centri di riabilitazione privati,gestiti per la maggior parte da imprenditori,dunque non facenti parte dell'ambito sanitario, il rischio di burnout aumenta.
Si è sottoposti a ritmi lavorativi incalzanti, tal volta senza pause tra una terapia e l'altra,spesso costretti a fare ore di straordinario....tutto secondo il principio della QUANTITA' che purtroppo non può mai coincidere con quello della qualità!
Il nostro non è un lavoro che termina timbrando il cartellino a fine turno.
Le professioni sanitarie sono una categoria a rischio di burnout anche per la mancanza di parametri certi per rilevare l’efficacia del proprio lavoro, visto che si basano sulla relazione e dunque non esistono strumenti standardizzati a tale scopo.
Come poter prevenire tale sindrome?Come difenderci? E' utopico pensare che possa cambiare qualcosa nella gestione dei centri di riabilitazione?
Il burnout interessa educatori, medici di base, insegnanti, poliziotti, poliziotti penitenziari, vigili del fuoco, infermieri, psicologi, psichiatri, assistenti sociali, operatori sanitari ( fisioterapisti, logopedisti psicomotricisti) ovvero figure caricate da una duplice fonte di stress: il loro stress personale e quello della persona aiutata.
Svolgendo attività lavorative sottoposte ad un carico emotivo così elevato, non riuscendo più a scindere la vita personale da quella lavorativa,si può incorrere nel burnout ,ovvero in un progressivo logoramento della propria energia vitale fino alla demotivazione, frustrazione e depressione. L'abuso di alcol, di sostanze psicoattive ed il rischio di suicidio sono aumentati nei soggetti affetti da burnout.
Le fasi di tale processo sono : 1)quella dell'entusiasmo idealistico che spinge il soggetto a scegliere un lavoro di tipo assistenziale.2)quella della stagnazione in cui il soggetto, sottoposto a carichi di lavoro e di stress eccessivi, inizia a rendersi conto di come le sue aspettative non coincidano con la realtà lavorativa.3)quella della frustrazione in cui il soggetto avverte sentimenti di inutilità e di insoddisfazione con tendenza ad allontanarsi sovente dal lavoro e ad assumere atteggiamenti aggressivi 4)quella dell'apatia in cui subentra l'indifferenza per il proprio lavoro.
Ovviamente i fattori che influiscono sulla nascita di tale processo sono le condizioni lavorative in cui il soggetto esercita la propria professione, oltre ad una predisposizione caratteriale.
In ambienti come alcuni centri di riabilitazione privati,gestiti per la maggior parte da imprenditori,dunque non facenti parte dell'ambito sanitario, il rischio di burnout aumenta.
Si è sottoposti a ritmi lavorativi incalzanti, tal volta senza pause tra una terapia e l'altra,spesso costretti a fare ore di straordinario....tutto secondo il principio della QUANTITA' che purtroppo non può mai coincidere con quello della qualità!
Il nostro non è un lavoro che termina timbrando il cartellino a fine turno.
Le professioni sanitarie sono una categoria a rischio di burnout anche per la mancanza di parametri certi per rilevare l’efficacia del proprio lavoro, visto che si basano sulla relazione e dunque non esistono strumenti standardizzati a tale scopo.
Come poter prevenire tale sindrome?Come difenderci? E' utopico pensare che possa cambiare qualcosa nella gestione dei centri di riabilitazione?
1 commento:
complimenti, veramente molto interessante questo post...
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